Eccoci a celebrare il traguardo dei seicento articoli pubblicati.
Questa volta, anziché fermarmi a riflettere sugli argomenti trattati negli articoli precedenti come mio solito, intendo fare un’analisi storica di un fatto avvenuto centosessantadue anni fa: la guerra di Crimea. Poiché il filosofo Giovan Battista Vico affermava che ciò che è accaduto una volta è destinato a ripetersi in altra epoca e forma, ecco spiegata la ragione di questa analisi e quindi del post medesimo.
Il titolo dello stesso è infatti mutuato da un film storico del 1936 che racconta gli antefatti che hanno portato alla battaglia di Balaklava, appunto durante la guerra di Crimea (1853 – 56).
Dunque quali relazioni esistono tra questa guerra e la guerra al terrorismo che si combatte in Siria ed Iraq?
Durante quella guerra la penisola di Crimea era territorio appartenente alla Russia zarista che dovette scontrarsi contro l’impero ottomano, la cui estensione copriva buona parte del Medio Oriente; la Francia governata dal nipote del Bonaparte, futuro Napoleone III; il Regno Unito che dal 1801 aveva adottato come bandiera ufficiale la “Union Jack” e dal piccolo regno di Sardegna, in cerca di prestigio internazionale.
Oggi la Russia, non più zarista, è alleata della Siria, che faceva parte dell’impero ottomano contro un fantomatico Stato islamico e i curdi, un popolo diviso in cerca di unità.
A creare un’altra alleanza contro quello stesso stato islamico, la potenze occidentali tra cui Italia, Francia e Regno Unito facenti parte dell’Unione Europea e i curdi.
“Ago della bilancia” la Turchia (dove si trova la città di Istanbul, ex capitale dell’impero ottomano) che chiede l’annessione all’UE, ma è retta da un leader islamista contrario alla creazione di uno stato curdo unito (come tutti i leader nel cui territorio c’è un pezzo di Kurdistan: Siria e Iraq, mentre non si conosce quella del presidente armeno) e alla democrazia.
Una volta i conflitti si risolvevano con spettacolari, quanto cruente cariche di cavalleria; oggi basta il lancio di bombe e missili che uccidono, oltre ai combattenti, cittadini inermi.
Tutto ciò non è giusto perché è la via che conduce alla distruzione.