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Posts Tagged ‘omofobia’

“Dominique…

Il termine indifferenza deriva dal latino: in (privativo) e differentia (differenza) : senza differenza

L’indifferenza, in filosofia, può significare diverse cose – ma essenzialmente ne significa due: il comportamento di un individuo tale che, all’atto di decidere tra due soluzioni, non riesce a scegliere né l’una né l’altra; oppure la tranquillità d’animo espressa senza desiderio, o addirittura rifiuto (atarassìa, apatìa) di fronte ad un oggetto. Prima della tua morte ho provato indifferenza per poche cose e soprattutto per poche persone perché la reputo una questione terribile e grigia; una sensazione che, a mio parere, provano soltanto le persone aride, le persone che non riescono a lasciarsi guidare dai sentimenti o, ancora, quelli che usano il cuore solo come un organo.

La tua morte è riuscita, invece, a farmi essere in un certo senso indifferente, a farmi sentire come quelle persone che non mi piacciono.

Ecco perché ti scrivo. Perché ho bisogno di trasformare la mia indifferenza per il tuo gesto suicida in un sentimento, che possa avere anche una parvenza di rabbia.
Mi dispiace non averti conosciuto sai?

Perché?

Perché ti avrei spiegato e trasmesso il coraggio di vivere e di fare le proprie scelte che, credimi, è di gran lunga  più difficile rispetto al togliersi la vita. Che è più difficile di fare “un gesto spettacolare e simbolico”, così come hai definito il tuo suicidio un paio d’ore prima sul tuo blog. Avrei voluto avere l’opportunità di farti comprendere la bellezza e la purezza di alcune storie gay perché il calore che c’è tra due persone che si amano è uguale per tutti. Avresti vissuto le emozioni di due ragazzi o due ragazze che si amano e che si stringono le mani mentre dormono; avresti osservato la serenità familiare che c’è tra due gay quando la sera si abbracciano sul divano per guardare la tv, avresti capito le lacrime di un gay (o per dirla più forte di un ‘frocio’ ‘finocchio’ ‘culattone’ ‘checca’ ‘pervertito’ etc) davanti ad una difficoltà che le convenzioni comuni ci impongono. Avresti capito quando sia insensato essere ghettizzati o cacciati di casa per il mero fatto di amare qualcuno. Avresti compreso quanto sia detestabile che dei ragazzini si tolgano la vita per questo.

Proprio quella vita che tu hai rifiutato in maniera poco sobria e decisamente non elegante.

Dominique mi dispiace che in tutta la tua esistenza hai perso tanto tempo per lottare contro l’unione di persone che vorrebbero semplicemente amarsi e vedersi riconoscere il diritto di decidere chi avrebbe potuto stare con loro all’ospedale, con chi aprire un mutuo e a chi lasciare i propri averi. Perché essere omosessuale non significa altro che essere una persona come lo eri tu; ed è corretto (se non addirittura giusto) permettere a tutti gli stessi diritti.  Mi dispiace che tu non abbia incontrato nella tua vita nessuno in grado di trasmetterti questi valori e soprattutto che tu non abbia conosciuto una persona in grado di parlarti col cuore. Dominique, ovunque tu sia, spero tu possa pentirti per quello che hai fatto.

Mi auguro che nessun altro imiti il tuo gesto perché sarebbe per te un ulteriore fallimento.

È facile essere il paladino di ideologie estreme e senza senso come lo sei stato tu per molto tempo; difficile invece è essere un finocchio che si scontra contro il muro d’ignoranza (spesso aprioristica) di personaggi come te, di omofobi che picchiano due ragazzi che camminano per mano in strada o semplicemente di persone che ti condizionano l’esistenza per anni e anni. Troppo facile il tuo gesto.

Troppo scontato.

Alla fine delle righe capisco cosa provo per te. Provo pietà, compassione e pena. Che sono dei sentimenti che inducono l’uomo ad amare, rispettare e talvolta tollerare il prossimo.

Un sentimento che tu non hai provato.
Addio Dominique.”

Così un amico ha commentato la morte di Dominique Viennet,  il parlamentare francese che ha voluto così compiere un gesto “spettacolare” per protestare contro la legge promulgata dal governo Hollande che rendeva valide le nozze gay.

Mi domando però cosa ci sia di tanto spettacolare nello suicidarsi, tanto più che il luogo scelto (la cattedrale di Notre Dame a Parigi) non c’entrava nulla, essendo la Chiesa contraria a questa pratica.

I due neosposi hanno infatti scelto il municipio di Montpellier.

Ritengo che essere omosessuali oggi non è una malattia, come non lo era nell’antica Roma, è ed era solamente una condizione sociale: sono solo le cattive idee a farla ritenere tale. Non mi pare che vivere una condizione sociale, qualunque essa sia, costituisca reato.

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Nel suo ultimo libro, intitolato “Luce del mondo” Papa Benedetto XVI  si confessa al suo amico giornalista Peter Seewald e mette a nudo  le debolezze di un uomo e di un Pontefice.

Debolezze di un uomo di fronte agli orrori di una guerra vissuta come involontario protagonista con la divisa della Wehrmacht. Ma anche debolezze di successore di Pietro di fronte alla crisi della Fede e della società.

In questo libro si parla di problematiche quali omofobia “che si esercita solo tra adulti consenzienti”, pedofilia, specie quella che si annidava nella stessa Chiesa, negazionismo, affermando che ” se avesse saputo che monsignor Williamson” (ex scismatico lefebvriano) ” era un negazionista della Shoah, non gli avrebbe revocato la scomunica” e AIDS, sostenendo in modo esplicito  che chi offre un preservativo al partner, lo fa in modo caritatevole per sè e per l’altro. Peccato non parli così “ex cathedra”

Affermazioni così rivoluzionarie fanno ritenere che Sua Santità voglia ritirarsi a vita privata. Ma può farlo? L’unico precedente è rappresentato dall'”agnello” Celestino V, eletto in un’epoca in cui imperavano “i lupi”, Bonifacio VIII in testa. La “vittima sacrificale” fece per “viltade il Gran Rifiuto”, rinunciando al Soglio e finendo la sua triste vita prigioniero nel castello di Fumone; non si rifugiò in un eremo.

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